Cos'è la preghiera? F. Armellini-biblista. Libretto sul Padre nostro
".. Chi prega non perde la fede, ma chi non prega la lascia appassire e morire come un fiore al quale viene negata l'acqua. Chi non prega riduce Dio ad un concetto, una entità separata dalla storia , un Essere che non si coinvolge nella vita degli uomini. "La preparazione
Una riflessione sul Divino è sempre una elevazione della mente, ma non è preghiera.
Lo studio e la riflessione sono indispensabili allo spirito umano ma sono solo preparazione alla preghiera : per dialogare con qualcuno bisogna prima conoscere chi è e la preghiera inizia quando si rivolge la parola a questa persona....
La contemplazione del creato diviene godimento delle opere del Cielo, ma tutto ciò è solo preparazione alla preghiera, non è ancora preghiera.
.. .La forma più comune di preghiera è quella della supplica.
Tutti gli uomini pregano per ottenere qualche favore per se stessi o per gli altri: per la salute, per il buon esito di un affare, per un viaggiare sicuro, per una svolta nella vita, etc.Ma il ripetere parole a Dio assomiglia molto alle formule della magia, un fatigare deos ( “stancare la divinità” ) per estorcerle ciò che vogliamo, una tecnica per avere Dio al proprio servizio. Si vuole informare la divinità dei propri bisogni o desideri, come se il Cielo non li conoscesse; si vuole agire sulla Volontà celeste per piegarla a propri desideri.
Nel dialogo con Dio io non ho nulla da dirgli che Egli non sappia già, meglio di me. È Lui che ha molto da dirmi. Dio è Padre e sa di cosa abbiamo bisogno: siamo noi a non sapere ciò di cui abbiamo bisogno...
Lo stare in ascolto davanti a Dio è preghiera: il silenzio
interiore è la giusta disposizione per l'ascolto. È
pagana la preghiera di chi dimentica che siamo noi a dover
ascoltare Dio, non Dio ad ascoltare noi.
L’apice dell’evoluzione
non è l’uomo che pensa, che è
giunto all’autocoscienza, ma è l’UOMO che prega ....
ed Ama. "
Mt
6,7 Pregando, non sprecate
parole come i pagani: essi credono di
venire ascoltati a forza di parole. 6,6 quando
preghi, entra nella tua dispensaLa
dispensa (tameion) è la stanza più interna
della casa , è senza finestre ( buio//segreto),
dove si ripongono i viveri. e, chiusa a chiave la tua porta
non lasciar entrare nessuno // nessun pensiero prega il Padre tuo
che è nel segreto
LUI è invisibile ma è presente nella la tua dispensa e il Padre tuo che vede nel segreto, vede anche nel buio nella la tua dispensa ti ricompenseràti darà ciò di cui hai bisogno.La Preghiera cristianaLc 11, 5 disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», 7e se quello dall'interno gli risponde: «Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza ( insolenza) si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
9 Ebbene, io vi dico: CHIEDETE,
e vi sarà DATO >10
Perché chiunque - chiede , riceve
CERCATE e TROVERETE > e
chi cerca, trova
BUSSATE e vi sarà APERTO> e a chi bussa
sarà aperto La
PROMESSA di Gesù rivela DIO come Padre che ascolta
e provvede alle suppliche dei
SUOI Figli evangelizzatori.Il Padre DARA' Spirito Santo a quelli che glielo chiedono !». I
discepoli
di Gesù rinascendo dallo Spirito UOMINI
e DONNE immortali sono Figli (
Gv 1 : figli- Paolo: figli adottivi)del
Padre . Gesù li invita a chiedere VITA,
// lo Spirito, al Padre, per DARE VITA , Spirito all'umanità secondo
il Suo
Programma di evangelizzazione
. L'umanità ha bisogno di VITA immortale ed anche senza bisogno di parole- l'
anima
( // il senso religioso ) cerca , bussa , supplica il " cielo" per avere VITA, una VITA che superi la morte ... I Figli nati dallo Spirito chiedono al Padre ciò che per loro è indispensabile e che solo il Padre Buono può dare loro : lo SPIRITO ,
la VITA
immortale e il
PANE
che la nutre . Questo PANE CELESTE nutre l'UOMO NUOVO, il suo "CORPO SPIRITUALE immortale per la MISSIONE: l'evangelizzazione del mondo. CHIEDETE E VI SARA’ DATO p. Alberto Maggi OSM www.studibiblici.it "... L’unica cosa che Gesù garantisce
che sarà data è normalmente quella che meno si chiede nell’elenco,
nelle liste delle preghiere. Lo Spirito (// VITA). “Se
voi dunque, che siete cattivi”, non per dire che siamo
cattivi, ma per paragonare la bontà del Padre al nostro
atteggiamento verso gli altri dice che siamo cattivi, “sapete
dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro
del cielo darà lo Spirito Santo (letteralmente Spirito
Santo senza l’articolo, perché non dà la pienezza
dello Spirito Santo, ma Spirito Santo nella misura
con cui la persona è in grado di accoglierlo) a quelli
che glielo chiedono!». Ecco è l’unica cosa che Gesù garantisce
che il Padre darà , Spirito Santo.A che serve questo
Spirito?
Lo Spirito è la forza dell’Amore di Dio che viene dato per realizzare
il disegno d’Amore
del Padre ( l'evangelizzazione del mondo). Perché Dio non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando loro il suo Spirito, l’energia interiore che fa comprendere la strada da percorrere .." Gv 6, 27Datevi da fare non per il cibo ( pane) che non dura, ma per il CIBO ( PANE) che rimane per la VITA eterna e che il Figlio dell'UOMO vi darà. Perché su di Lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo" .. "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo
( la manna che durava solo un giorno) , ma è il Padre mio che vi dà il PANE del cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la VITA al mondo". 34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane".
[ i giudei avevano l'aspettativa del Regno di Dio in Palestina come un banchetto eterno e nessuno più doveva lavorare per vivere e: questo chiedevano che Gesù attuasse] 35 Gesù rispose loro: "Io sono il pane della VITA; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.La preghiera dello SpiritoF.
Armellini-biblista. Libretto sul Padre nostro "Chiedete sempre lo Spirito e lo Spirito
stesso -in voi- pregherà in modo conveniente !" Lo
Spirito... " Parla nel silenzio interiore e le
sue parole restituiscono all'orante il volto di un UOMO Vero,
figlio del Padre, quel volto che ogni UOMO deturpa vivendo secondo
il proprio desiderio corrotto dal proprio tornaconto,
cioè la concupiscenza." La preghiera del
discepolo
Giovanni
15, 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate
molto frutto e diventiate miei discepoli... per l'evangelizzazione
del mondo
Il Padre nostro non è una preghiera come atto cultuale di devozione ma
l'accoglienza della volontà divina di evangelizzazione
del mondo per la salvezza della creazione nell'UOMO immortale.
Accettare di servire ( l'evangelizzazione del mondo )A.Maggi. studibiblici.it
"
L’evangelista Matteo ha composto lo schema del Pater (Mt 6,9-13) come quello delle Beatitudini (Mt 5,3-10), ponendo una stretta relazione tra i due testi: può rivolgersi a Dio, come Padre, solo chi
accogliendo le beatitudini
si impegna a orientare la propria vita per
il bene dei fratelli. Per questo,
fin dai primi tempi della Chiesa, il Pater era parte
essenziale della liturgia battesimale: solo al momento
del battesimo il catecumeno poteva
recitare la preghiera del Signore, quale segno di conversione.
... " Libretto sul Padre nostroF.
Armellini-biblista.
" ...È
possibile -e più probabile- che le tre formule
del Padre nostro che ci sono state tramandate (
Mt, Lc, e la Didachè) siano opera dei primi
cristiani, desiderosi di condensare, in una preghiera
al Padre, tutto ciò che avevano compreso del messaggio
del Maestro. Come il Simbolo ( della fede cristiana,
il " Credo"), il Pater era utilizzato
nella catechesi dell’iniziazione cristiana :
fin dai primi secoli era insegnato ai catecumeni
come compendio di tutto ciò che era stato loro
insegnato su Dio e sulla vita da battezzati, da
risorti a nuova vita in Cristo. Una sintesi della fede non in formule dogmatiche ma in preghiera. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani hanno continuato per alcuni anni a comportarsi da pii giudei, osservando la legge di Mosè e frequentando il tempio (At 3,1). Ci dicono che erano assidui alla preghiera (At 1,14), senza specificare di che preghiera si trattasse, ma, trattandosi di giudei devoti, non poteva essere che quella dei Salmi, dello Shemà e delle Benedizioni.
Il bisogno di avere una preghiera che li identificasse nella loro adesione a Gesù ha forse spinto i primi cristiani a comporre il Padre Nostro. La richiesta che Luca pone sulla bocca dei discepoli Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli (Lc 11,1) potrebbe essere quella dei cristiani delle comunità degli anni 80.
Nei 2 vangeli il Pater è ai discepoli che è stato insegnato,
perché sono loro che hanno aderito alle sue beatitudini .
Le frasi del Padre nostro si ritrovano quasi identiche
in altre parti dei vangeli. Nell’orto degli Ulivi, Gesù rivolge
la sua preghiera al Padre: Abbà, a te tutto è possibile,
allontana da me questo calice, ma non ciò che io voglio, bensì
ciò che vuoi tu (Mc 14,36).
In Matteo, la corrispondenza è ancora più
letterale: Padre mio... sia fatta la tua volontà (Mt
26,42).Sempre nel racconto dell’agonia troviamo l’invito di Gesù
ai discepoli a pregare per non entrare in tentazione (Mc 14,38) .
In Marco c’è un altro richiamo al Padre nostro: Quando state in preghiera, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, affinché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre trasgressioni (Mc 11,25). Il richiamo è inequivocabile.
Anche in Giovanni i paralleli con la Preghiera del Signore si trovano nei capitoli della passione: Che dirò? Padre, risparmiami da quest’ora?... Padre, glorifica il tuo nome (Gv 12,27-28). Nella parte centrale della lunga preghiera che si trova in Gv 17, Gesù chiede al Padre che custodisca dal maligno i suoi discepoli (v.5) È la stessa richiesta con cui si conclude il Padre nostro.
Padre L'insegnamento
di Gesù sulla preghiera (sottolineato dalla ripetizione per tre volte
del verbo pregare ) si apre con l'invocazione a Dio quale Padre. 1-Dio è padre in quanto creatore, in questo senso gli
uomini sono tutti suoi figli-creature.Is 64,8 Tuttavia, Signore, tu sei nostro padre ; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi; noi
siamo tutti opera delle tue mani. 2-Dio è padre di Israele in quanto suo popolo elettoOs11,1 Quando Israele era giovinetto, io l`ho amato e
dall`Egitto ho chiamato mio figlio.
Es4, 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore:
Israele è
il mio figlio primogenito. Ger3,19 Io pensavo: Come vorrei considerarti tra
i miei figli e darti una terra invidiabile, un`eredità che sia l`ornamento
più prezioso dei popoli! Io pensavo: Voi mi direte: Padre mio, e
non tralascerete di seguirmi. 3- Dio è Padre dei discepoli di Gesù in quanto comunica loro la sua Natura //VITA //Spirito
: i FEDELI cristiani sono
figli di Dio
in quanto
nascono dal SUO Spirito, partecipano della sua VITA.2Pt
1,4 Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi
e preziosi a noi promessi, affinché per loro
mezzo diventiate partecipi della natura divina ,
sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa
della concupiscenza.
Gal4, 5 .. quando venne la pienezza del
tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato
sotto la legge, 5per riscattare coloro che erano
sotto la legge, perché ricevessimo
l`adozione a figli. 6E che voi siete figli
ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo
Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!
7Quindi non sei più schiavo (servitore ), ma figlio ; e se figlio,
sei anche erede per volontà di Dio. Ef1,4
In lui ( in Gesù ) Dio ci ha scelti prima della creazione del
mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,
5 predestinandoci
a essere suoi figli adottivi per
opera di Gesù Cristo, Rm8,
15E voi non avete ricevuto uno spirito
da schiavi per ricadere nella paura ( di Dio)
, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi
per mezzo del quale gridiamo: «Abbà,
Padre!» 16Lo Spirito stesso attesta al
nostro spirito che siamo figli di Dio. 17E se
siamo figli, siamo anche eredi: eredi
di Dio, coeredi di Cristo , se veramente partecipiamo
alle sue sofferenze per partecipare anche alla
sua gloria .
1 Gv 3, 1 Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere
chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo
non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi
fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora
rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato,
noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
" È del III millennio a.C. questa invocazione sumerica al dio Sin: O Padre, misericordioso e clemente, che hai nelle tue mani la vita del mondo intero, o Padre generatore degli dei e degli uomini. Nel 2350 a.C. il re di Lagash pregava così la sua divinità: Io non ho madre, tu sei mia Madre; io non ho padre, tu sei mio Padre. Tu mi hai concepito nel tuo cuore, tu mi hai generato nel tuo tempio.
Quasi mille anni più tardi, in Egitto, un poeta cieco andò a visitare la tomba di un amico.
Sulla parete del sepolcro tracciò un graffito con questa
commovente preghiera al dio Ammon: Il mio cuore
desidera vederti Ammon, protettore del povero. Tu sei
il padre dell’orfano e lo sposo della vedova! Tu hai
fatto le tenebre e hai voluto che io le vedessi; hai
fatto anche la luce. Tuttavia, non tutti coloro che chiamano Dio padre hanno in mente la stessa immagine di Dio. L’uomo pagano era animato da una profonda diffidenza nei confronti degli dei.
Anche se li chiamava padri, li riteneva capricciosi, imprevedibili (non per nulla il mito narra che Zeus era stato allevato da una capra… capricciosa), pensava che possedessero tutti i vizi degli uomini, che potessero adirarsi per un nonnulla e inviassero castighi; per questo evitava di provocarli, cercava di tenerseli buoni e di placarli con sacrifici.
Un rapporto di autentica fiducia nei loro confronti
era assolutamente inconcepibile, al punto che Aristotele
affermava: Sarebbe insensato voler asserire di
amare Zeus. A differenza degli altri
popoli, Israele era riluttante a chiamare Dio Padre.
Nell’AT questo appellativo viene utilizzato solo poche
volte (15 in tutto). Di queste poi solo sei ricorrono
nelle preghiere. La parola padre ci introduce in un
ambiente familiare, non in quello della corte del faraone.
Viene quindi subito da chiedersi quali manifestazioni esteriori manifestino questo rapporto nuovo: davanti al farone si trema, ci si prostra, davanti al babbo no…
Ecco la scena con cui il profeta Osea introduce, per la prima volta nella Bibbia, la tenera immagine di Dio padre.
Os 11, 1 Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. 3 Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. 4 Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. 8 Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. 9 Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè io sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.
Anche se molto lentamente, Israele, superò le diffidenze nei confronti del termine “padre”. La metafora del padre però era troppo ricca e Israele non poteva permettersi di ignorarla. Fu così che, a partire dal periodo del post-esilio, a poco a poco, cominciò ad essere adottata. Inizialmente non riceveva la connotazione di tenerezza e di affetto cui noi siamo abituati, ma serviva soprattutto ad inculcare negli israeliti il dovere dell'obbedienza.
La prima volta in cui ricorre in una preghiera è in: Is 63, 15 Non forzarti all'insensibilità,16perché tu sei nostro padre , poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di noi. Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore.
cf, anche Is 64, 7 Sal 89, 27 Sal 68, 6 Sir 23, 1 Sap 14,2
Al tempo di Gesù, era divenuto abbastanza usuale attribuire a Dio l’appellativo di Padre, specialmente quando si voleva sottolineare la sua sollecitudine verso chi si trovava nel bisogno. Anche l'espressione “Padre nostro” compare con una certa frequenza.
La benedizione Ahavah rabbah, che precede la recita dello Shema’ Yisra’el: Con amore grande ci hai amati, Signore nostro Dio, e con misericordia grande e sovrabbondante hai avuto pietà di noi. Padre nostro, nostro Re (Avinu, malkenu)... Padre nostro (Avinu), Padre misericordioso e compassionevole, abbi pietà di noi; concedi al nostro cuore di comprendere, discernere, ascoltare, meditare, trasmettere, custodire, osservare e realizzare con amore tutte le parole della tua Legge.
Vi è poi la preghiera dello Shemoneh ‘esreh (Diciotto benedizioni), quella che segue lo Shema’ Jisra’el, la quale rinnova per tre volte l’invocazione Avinu, Padre nostro, rispettivamente nella quinta, sesta é ultima benedizione: Facci ritornare, Padre nostro, alla tua Legge Perdonaci, Padre nostro, abbiamo peccato Benedici, Padre nostro, tutti noi come uno solo con la luce del tuo volto..."
" .. Il nome del Dio d’Israele è impronunciabile ( jhwh). Per parlare di lui, gli israeliti ricorrevano ad altre espressioni. Lo chiamavano: il Santo, benedetto egli sia, colui che fa abitare il suo nome in questa casa, la potenza, il misericordioso, il cielo, il luogo, la dimora, il nome .
Quando intendevano sottolineare soprattutto il legame affettivo,lo chiamvano Padre che è nel cielo. Anche Gesù è ricorso a queste perifrasi usate dal suo popolo. Lo ha chiamato: cielo (Mt 4,17); la potenza (Mc 14,62)...
Ma per lui Dio è il Padre. Nei vangeli questo appellativo ricorre sulla sua bocca per ben 184 volte (46 volte: Padre mio). Un’altra volta soltanto sulla bocca di Filippo (Gv 14,8). In Mc 5 volte; in Lc 17 volte; in Mt 45 volte; in Gv 118 volte. .." ...Nostro Tutti coloro cha hanno in sè lo Spirito
di Dio (hanno accolto
la comunione di Spirito
) sono suoi
figli adottivi : gli assomigliano
nell'agire, lo chiamano Padre e si fanno guidare da Lui, si occupano del suo
Progetto , l'Uomo definitivo
.
Rm 8,14Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito
di Dio, costoro sono figli di Dio.
" .. In un’epoca in cui, se non si riconosceva la natura divina dell’imperatore, si perdeva la propria testa (Ap 13,15; Dn 3,1-6.15), Gesù proclama che nei cieli c’è solo il Padre, e inviterà a non riconoscere a nessun altro il ruolo di padre
Mt 23,9 Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo .
Nella lingua ebraica non esiste
il termine genitori ma
solo un padre e una madre con compiti differenti.
Mentre il padre è colui
che genera, la madre si limita a partorire il
figlio (Is 45,10).
Il figlio riceve la vita esclusivamente
dal Padre e la prolunga assomigliandogli nel comportamento
mediante la pratica dei valori ricevuti.
“Figlio di..” non significa tanto “nato
da...”, ma assomigliante (al padre) nel comportamento.
Per questo alla prima predica di Gesù, nella sinagoga di Nazaret,
i presenti, sconcertati, si chiedono “Non è il figlio
di Giuseppe?” (Lc 4,22).
In questo interrogativo non viene
messa in discussione la paternità di Giuseppe, poiché,
come scrive l’evangelista, Gesù “era figlio,
come si credeva, di Giuseppe” (Lc 3,23), ma l’assomiglianza
nel comportamento.
Lo sconcerto è stato provocato dal fatto che Gesù, dichiarando
realizzata su di lui la profezia di Isaia sull’inviato del Signore,
ha omesso di parlare della vendetta di Dio sui
dominatori.
Mentre il testo di Isaia affermava che compito
dell’atteso Messia è “promulgare
l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il
nostro Dio” (Is 61,2),
Gesù tronca la lettura al
tema della misericordia, le uniche che commenta.
La reazione dei presenti
sarà furibonda: “all’udire
queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno. Balzarono in
piedi, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul
figlio del del monte, sul quale la loro città era situata, per
gettarlo giù dal precipizio” (Lc 4,2829).
I fedeli della sinagoga, abituati a fare orazioni,
sono completamente refrattari alla voce del Signore,
che si illudono di pregare, e ostili alla volontà di Dio che in Gesù si manifesta.
Nel vangelo di Giovanni, Gesù constaterà amaramente che “viene
l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere
culto a Dio” (Gv 16,2).
Culto a Dio e intenti omicidi convivono,
l’uno accanto l’altro, nella sinagoga: i fedeli, a forza
di chiedere a Dio di ammazzare i nemici, diventano
nemici e assassini di Dio.
Quando si prega un Dio vendicativo e bellicoso è inevitabile
finire per diventare come lui. Per questo l’iroso autore del salmo
109 può trasformare in preghiera i suoi istinti omicidi e chiedere
a Dio che il suo nemico muoia, e i suoi figli
vadano raminghi, mendicando, e siano votati allo sterminio. Per poi finire
piamente con “Alta
risuoni sulle mie labbra la lode del Signore” (Sal 109,30).
Per questo, la prima volta che Gesù, il figlio di Dio, ha parlato
ai suoi discepoli di Dio come un Padre, non è stato per invitarli
ad adorarlo e neanche a ubbidirgli, ma per assomigliargli
nell'amore: "Siate
misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso" (Lc
6,36).
Mt 5,48 Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. //
Lc 6,36 "Siate misericordiosi,
come il Padre vostro è misericordioso" . Invitando i discepoli a rivolgersi a Dio chiamandolo Padre, la relazione con Dio alla quale
Gesù chiama è quella
della somiglianza.
Definendo questo Padre come misericordioso,
la somiglianza al Padre dei suoi Figli è quella
del Suo Amore.
Con Gesù il
figlio di Dio non è colui che Gli obbediscesecondo
le leggi stabilite dalla religione ma colui che Gli
assomiglia praticando un Amore incondizionato.
(Lc 6,35). ...solo
così "sarete figli dell'altissimo; perché egli è benevolo
verso gli ingrati e i malvagi”.
Solo quanti accolgono
l'amore incondizionato di Dio e lo prolungano
attraverso gesti concreti di misericordia,
di condivisione e di perdono, possono
essere considerati i figli di questo
Padre, perché in
essi scorre (e si manifesta) la stessa
VITA divina, indistruttibile .
Invitando i suoi discepoli a rivolgersi a Dio
come dei figli verso un Padre, Gesù li invita a una nuova relazione con Lui .
Nella nuova relazione alla quale Gesù invita, si passa dalla “servitù” a Dio, alla “figliolanza” del Padre. Mentre la prima sottolineava la distanza tra Dio e l'uomo, la seconda
l'annulla.
Non solo l'uomo non è più chiamato a servire
la divinità ( culto e osservanza) , ma con Gesù è Dio stesso che si fa
servo degli uomini per innalzarli al suo stesso
livello.
Con Gesù Dio non vuole essere servito, ma è il
Padre che si mette a servizio dei suoi: "li
farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc
12,37). Per questo, nell'ultima cena Gesù definisce se stesso
con le parole: "Io
sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Questa
affermazione Gesù la pronuncia dopo aver fatto dono ai suoi della
sua stessa Vita, attraverso il pane e del vino.
La
serie di richieste che seguono l’invocazione Pater
sono gli effetti e l’impegno di quanti
hanno accettato di farsi servire da Gesù, e attraverso il dono della propria
Vita prolungano il dono di Gesù e
diventano come lui figli di Dio.
Il loro compito sarà quello
di santificare
il nome del Padre.
... che sei nei Cieli
Gli ebrei non potevano pronunciare il Nome di Dio e usavano espressioni sostitutive : che sei nei Cieli significava che si Jhwh.
La comunità riconosce ( Jhwh) come "Padre", e come "Dio". Riconoscersi figli del Padre-Dio significa rinunciare al padre-padrone mammona (Mt 6,24 e sal10,3) il dio-profitto-personale che governa coloro che lo adorano // servono. ( cf.:
Beati i poveri in spirito
) Libretto del Padre Nostro
F. Armellini.
" .. Il termine Abbah ( padre) ci colloca in un
ambiente familiare, non nella corte di un sovrano o di un faraone
di fronte al quale ci si deve inchinare, inginocchiare, prostrarsi
e tremare. Non è neppure il linguaggio teologico dei rabbini. Gesù usa la lingua di casa e non quella dei documenti teologici. Ai rabbini poteva sembrare una mancanza di rispetto verso YHWH. Nome insolito, così poco ossequiente. Era troppo familiare!
Abbiamo un Dio che si dona come papà, ..per il cristiano avviene come per il bambino: solo se fa l'esperienza di essere amato sarà poi capace di amare. Come Gesù il credente non è colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.
Quando si prega un Dio vendicativo e bellicoso è inevitabile finire per diventare come lui. Nel vangelo di Giovanni, Gesù constaterà amaramente che “viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2).
Per la prima volta veniva nella storia delle religioni viene presentato un Dio che non premia i buoni e castiga i malvagi, ma a tutti indistintamente dirigeva il suo amore.
La preghiera di Gesù ci vuole liberare da questo idolo. Il Padre nostro non ha nulla in comune con il dio che ci siamo inventati: il dio che si adira se trasgrediamo i suoi ordini. Siamo affezionati al dio gendarme del mondo, riparatore dei nostri torti, contabile dei nostri errori, osservatore delle nostre debolezze. La preghiera vuole proprio purificarci da questa falsa immagine di Dio e farci interiorizzare il vero rapporto con Dio.
Gesù non ha voluto regalarci una formula, ma regalarci la Sua relazione con il Padre.La relazione figlio Padre tra l'uomo e Dio cambia completamente il carattere del culto (cf Gv 4,23-24; Rm 12,1).
Mentre dio abita in un tempio, il padre in una casa. Mentre dio ha bisogno di sacerdoti che gli rendano culto, il padre ama i suoi figli. Mentre i sacerdoti nei templi si rapportano con la divinità in certi tempi e luoghi sacri, i figli si relazionano con il padre continuamente, senza intermediari e prescindendo da luoghi e tempi. ". ... Sia santificato il tuo NomeGiovanni 15, 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli... per l'evangelizzazione del mondo Il verbo santificare in ebraico ha come radice il significato di separare. In ambito religioso indica la separazione del sacro dal profano ( cf.:
il sacro
) .
Nel profano abita ed agisce il peccato e l''uomo doveva essere redento/riscattato/separato dal profano , dominio del peccato e della morte, (con-sacrato//santificato, fatto santo,) per essere ammesso nella sfera del sacro, di Jhwh ( dominio della Vita ); " siate santi come Io sono santo" ripetevano gli oracoli profetici.
Quando oggetto del verbo “santificare” è Dio, allora ha significato di riconoscere la Sua santità : Dio è tre volte santo: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti” (Is 6,3; Ap 4,8). Tre volte santo è superlativo del superlativo di santo : supercompletamente santo.
Santificare Jhwh significava ri-conoscere la sua santità//essenza divina.
Jhwh non aveva nessun simbolo sacro, nessuna rappresentazione materiale ( raffigurarlo significherebbe in qualche modo sfigurarlo)
: si rende presente con il Suo Nome.
In Israele Jhwh
non poteva essere raffigurato , la sua " statua/icona " è
l'uomo ( Gn 1-2 : lo creò a sua immagine e somiglianza .. come il vasaio lavora l'argilla per fare le statue.
Il simbolo di Jhwh era il suo Nome , impronunciabile
per la Legge Mosaica.
Così per nominarlo veniva usata
, fra altre, l'espressione Ha
Shem , cioè " il Nome".
Il nome nella cultura ebraica non indica solo come è chiamato
l'individuo, ma chi realmente è, in quanto manifesta
le qualità di
colui che viene nominato. Il Nome , perciò indica Dio
stesso.
Graficamente veniva rappresentato con un triangolo equilatero
in cui è scritta la prima lettera di Jhwh, lo iota. LA SANTIFICAZIONE DEL NOME Dio è il RE che ha
liberato Israele dalla schiavitù perchè vivesse da libero nella
Terra di Dio. Il riconoscimento della sovranità assoluta
di Dio da parte di ogni ebreo è l' accettazione del "giogo" dei
suoi comandamenti, la Torah. Il " giogo" della
Torah è chiamato anche " giogo del Regno dei
Cieli o del Regno di Dio ".
Giogo qui non significa schiavitù - vassallaggio,
ma significa servizio : l'accettazione
del giogo della Torah è ' il servizio di
Israele al Re ( Dio) che lo riscatta e gli dà la
libertà.
L'espressione Regno dei Cieli indica dunque uno
spazio storico di libertà e di servizio al
Re della libertà. Il servizio( abodah) è la ragion d'essere di Israele stesso: Israele è il " servo ( ebed) di Jhwh" , è un popolo libero solo dentro la relazione con il Re che lo ha liberato e servire questo Re // accettare il giogo del suo Regno, è la sua vita e la sua gioia.
Dio è UNO : il Regno dei Cieli è un mondo unificato nella
comprensione ed accettazione dell'Uno : un mondo unificato
in Dio, un mondo pienamente riscattato dal male e libero
nel servizio al Re dei Cieli fondato sull'amore.
Il servizio al Signore, nell'amore , implica -tra
l'altro- la " santificazione del suo Nome " ,
cioè la testimonianza della
sua Santità ( // UNICITA ' // UNITA') fino a morire per
lui, se necessario.La piena santificazione si
ha infatti quando si santifica il suo Nome nel martirio :
grande è la responsabilità di Israele che accetta di
consacrarsi a Dio e divenire lo strumento della " santificazione
del Nome "Libretto
del Padre Nostro
".. Per i semiti il
nome era molto importante e sempre intimamente legato
alla persona, si identifica addirittura con chi lo
portava; dare il nome a una città o cambiarne
il nome (Sal 49, 12 Il sepolcro sarà loro casa
per sempre… eppure hanno dato il loro nome alla terra).
Fare un censimento significava asservire colui che veniva schedato (2 Sam 24), cambiare il nome indicava l'attribuzione di una nuova personalità (Gen 17,5), ricevere il nome da qualcuno voleva dire essere suoi dipendenti (Gen 1,3-10; 2,20).
Conoscere il nome significa conoscere l’identià di una persona o cos’è una cosa, qual è la sua posizione, la sua funzione nel creato. Adamo dà il nome ad ogni cosa: ne ha colto la funzione. Dà il nome anche alla donna: Hawwah, donatrice di vita. L'esatta conoscenza del nome divino ha un'importanza essenziale per i rapporti dell'uomo con la divinità. Per questo Mosè chiede a Dio di rivelargli il suo nome: "Mosè disse a Dio: Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: qual è il suo nome?; E io che cosa risponderò loro? Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono! Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io Sono mi ha mandato a voi" (Es 3,1314; cf Gen 32,30).
Israele conosceva il nome del suo Dio (Es 3,14-15; 6,2-3) ma non lo poteva impiegare né per le maledizioni (Lv 24,11), né per i giuramenti (Lv 19,12), né per le formule magiche (Es 20,7).
Nel post-esilio il rispetto e la reticenza erano giunti a tal punto che soltanto il sommo sacerdote pronunciava il nome di Jahwé nel tempio, una sola volta all'anno, nel giorno dell'Espiazione (Yom kippur). Fu così che, ad un certo momento, non si sapeva più neppure quale fosse la sua pronuncia esatta. " Dio non rivela mai ad Israele la sua identità : è la Sua attività che
lo rende identificabile Eso 6,1 Il Signore disse a Mosè:
«Ora vedrai quello che sto per fare al faraone con mano potente,
li lascerà andare, anzi con mano potente li caccerà dal suo
paese!». 2 Dio parlò a Mosè e gli disse: «Io
sono il Signore! 3 Sono apparso ad Abramo, a Isacco,
a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di
JHWH non mi son manifestato a loro . 4 Ho anche stabilito
la mia alleanza con loro, per dar loro il paese di Canaan,
quel paese dov'essi soggiornarono come forestieri. 5
Sono ancora io che ho udito il lamento degli Israeliti
asserviti dagli Egiziani e mi sono ricordato della mia
alleanza. 6 Per questo dì
agli Israeliti: Io sono il Signore!
Mosè non riceve una risposta
su “chi è” Dio,
ma su “come” Dio si manifesta: “IoSono” indica
che Dio non è una divinità lontana, insensibile alle
esigenze e alle sofferenze dell'umanità, ma un Dio che è sempre
presente con il suo popolo mediante una
continua attività creatrice
e per questo liberatrice.
Nome è semitismo che indica la persona in
quanto designabile in base ad un aspetto suo caratteristico
correlato con la sua attività nella
storia , da cui la sua nomea, il buon nome, la reputazione. Da quello che faro' a vostro
favore saprete chi sono : IO SONO
.. per voi !
Ecco cosa farà Dio per Israele :
6,6b Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani,
vi libererò dalla loro
schiavitù e vi libererò
con braccio teso e con grandi castighi. 7 Io vi prenderò come mio
popolo e diventerò il vostro Dio. Voi saprete che io sono il Signore,
il vostro Dio, che vi sottrarrà ai gravami degli Egiziani. 8 Vi
farò entrare nel paese che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo,
a Isacco e a Giacobbe, e ve lo darò in possesso: io sono il Signore!». Santificherò il mio nome grande :
farò
vedere coi fatti chi sono Io.
E' Lui stesso che santifica il suo Nome. //Io sono il Signore che vi santifico,
33che vi ho fatto uscire dalla terra d'Egitto per essere vostro Dio.
Io sono il Signore».
Is 29,23 vedendo i suoi figli l'opera delle mie mani tra loro,
santificheranno il mio nome , mi riconosceranno come loro unico Dio ... // santificheranno il Santo di Giacobbe
//
e temeranno il Dio d'Israele . ...e saranno fedeli all'alleanza che ho stabilito con loro
Lv 22,31 Io sono il Signore.
31 Osserverete dunque i miei comandi e li metterete in pratica.
Io sono il Signore.
32 Non profanerete il mio santo nome, Il Nome è santo(// sacro) e non va trattato come profano affinché io sia santificato in mezzo agli Israeliti. La fedeltà all'alleanza è la santificazione del Nome da parte di Israele Ez 36,23 Santificherò il mio nome grande ,
profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. tutti hanno peccato contro Jhwh // hanno profanato il suo Nome Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore - oracolo del Signore Dio -,
quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi . 24Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. 25Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, 26vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.
27Porrò il mio spirito dentro di voi
e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Perchè Isarele possa essere fedele all'alleanza // santificare il Nome, Dio metterà nel popolo il suo stesso Spirito così che la comunione di Spirito porti in modo definitivo il popolo a collaborare con Lui.Dio santificherà l'umanità con il dono dello Spirito per mezzo di Gesù e l'umanità che Lo accoglierà sarà Vivente per questo Spirito e costitutivamentecapace di santificare il Nome. I cristiani , fatti Uomini dallo Spirito , sono chiamati dalla loro Nuova Natura a santificare il Nome con la piena collaborazione al
progetto
di Dio ed al
programma
di Gesù Gv 17, 6 Ho manifestato il tuo Nome agli uomini che mi hai dato dal mondo L' attività di Dio che rende riconoscibile
la sua presenza gloriosa nel mondo , il suo essere " Santo" ,
con Gesù viene
espressa nel nome " Padre" : Dio è il Padre che comunica
la sua Vita agli uomini. La santità sottolineava nella prima alleanza
la trascendenza, la distanza/separazione tra Dio e l'uomo/il
mondo ; la
nuova alleanza annulla ogni separazione . In Gesù, Dio e l'uomo (che
ricapitola in sè la creazione
) , condividono
lo stesso Spirito con il quale sono destinati a diventare una
cosa sola in modo definitivo :Gv 10, 30 Io e il Padre siamo una cosa sola ».
Gv 17,11 Padre santo, custodiscili nel tuo nome,
quello che mi hai dato,
perché siano una sola cosa, come noi.
Gv 17,22 E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data
a loro,
perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa.
Gv 17,23
Io in loro e tu in me,
perché siano perfetti nell'unità I primi cristiani non esitarono a denominarsi "santi" (Rm
1,7), appellativo che non aveva il significato,
preso poi in seguito, di virtù straordinariamente esercitate
da pochi, ma semplicemente
rifletteva l'esperienza ordinaria dell'adesione
a Gesù ,
a colui che “battezza in Spirito santo” (Lc 3,16) nella Vita dello Spirito/Carità . La santificazione del Nome di Dio ( Padre) è ’impegno di quanti
hanno accettato di farsi servire da Gesù accogliendo il dono della comunione di Spirito . Perciò : ...sia santificato il tuo Nome ,
come da Te, anche da noi , nella comunione di Spirito Gesù attinge al linguaggio giudaico della
sua epoca per esprimere come santificazione del Nome nella nuova
relazione/unione dell'uomo con Dio , l'attività
della comunità cristiana .
La santificazione del Nome ( cioè di Dio) nella
comunità cristiana è la comunione
di Spirito/Carità con Lui
per compiere ogni uomo come Uomo definitivo .
Come Dio ha santificato
il suo Nome grande infondendo il suo Spirito nei credenti per mezzo di Gesù e rivelandosi
come Padre , così coloro che ne condividono la
Vita, i suoi Figli, sono chiamati a santificare
il Nome del Padre vivendo lo stesso Spirito nella comunità della Carità per le
beatitudini .
" ... Il verbo “santificare” ha il significato di "separare" qualcuno
o qualcosa ("consacrare") con lo scopo di mettere in risalto
un particolare valore (per esempio del vasellame
adibito esclusivamente per la liturgia, viene consacrato a questo
uso, oppure di una
persona completamente dedita a una causa si dice
che si è consacrata
a quella causa ).
Quanti vengono immersi nello Spirito, forza vitale
di Dio, e l’accolgono, vengono santificati, cioè separati
dall'ambito del male e dal peccato.
Questa santificazione iniziale può diventare
costante e crescente mediante la pratica dell'amore: “In lui
ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati
di fronte a lui nell’amore” (Ef 1,4).
... mentre l'attività di Dio nei confronti degli uomini è di santificarli, cioè di consacrarli, per l'uomo santificare
Dio significa riconoscerne la sua santità.
La particolare
forma verbale utilizzata dall’evangelista vuole significare che
questa santificazione del nome del Padre viene
resa visibile nella pratica quotidiana dell’amore.
Con la richiesta “sia santificato il tuo
nome” la comunità chiede e si impegna al fine che Dio venga
conosciuto col nome col quale è stato invocato, che non è più quello
di Yahvé, ma quello, già conosciuto e sperimentato dai discepoli,
di Padre.
Mentre Yahvé era il Dio d’Israele,
il Padre lo è di
tutta l’umanità.
I
discepoli di Gesù, i credenti di
ogni tempo, sono chiamati a far conoscere il nome del Padre attraverso
la costante pratica e somiglianza dello stesso amore
che essi hanno sperimentato nella nuova relazione
con Lui .
Questo impegno
a dilatare la propria esperienza del Padre formula
l’oggetto
della richiesta seguente: venga il tuo regno "
All'inizio il Padrenostro non
veniva insegnato a tutti, era una preghiera segreta che veniva comunicata in
segreto a coloro che si preparavano al battesimo e soltanto dal momento che uscivano
dalla vasca battezzati, erano tutti adulti, potevano recitare il Padrenostro.
Queste persone, dopo che si erano pubblicamente battezzate, si impegnavano, pubblicamente,
a vivere il messaggio di Gesù e questo messaggio è riassunto e
riformulato nelle beatitudini. Il Padrenostro è la formula d'impegno di
coloro che vivono le beatitudini. " (A. Maggi studibiblici.it Il giubileo di Gesù ) Il Nome Santo di Dio
In Israele il "Nome" di
Dio (la sua persona) è Santo cioè sacro e
trascendente (=
impronunciabile, non raffigurabile, ineffabile, etc ) .I fedeli israeliti manifestavano nella loro vita la santità
del Nome con la loro santità intesa come separazione dagli
altri popoli e osservanti la Torah divina.Lv 20,9 Io sono il Signore che vi
vuole fare santi 26 Sarete
santi per me, poiché io, il Signore, sono santo // e vi ho separati
dagli altri popoli, perché
siate miei. .. santità intesa come rispetto delle regole di
purità ritualeLv 11,44Poiché io sono il Signore, il Dio vostro.Santificatevi
dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminate le vostre
persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra. 45Poiché io
sono il Signore, che vi ho fatti uscire dal paese d`Egitto, per essere il vostro
Dio; siate dunque santi, perché io sono santo. ... santità intesa come osservanza della Torah Lv19,1Il Signore disse ancora a Mosè: 2«Parla
a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate
santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo.3Ognuno rispetti
sua madre e suo padre e osservi i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. 20,8Osservate le mie leggi e // mettetele in pratica. ... intesa come servizio liturgico di lode permanente
Is12, 4 «Lodate
il Signore, invocate il suo nome;manifestate tra i popoli le sue meraviglie, proclamate
che il suo nome è sublime. 5Cantate inni al Signore, perché ha
fatto cose grandiose, ciò sia noto in tutta la terra. 6 Gridate
giulivi ed esultate, abitanti di Sion,perché
grande in mezzo a voi è il Santo di Israele».
Sal 148,13 lodino il nome del Signore: perché solo
il suo nome è
sublime , la sua gloria risplende sulla terra
e nei cieli.14Egli ha sollevato la potenza del suo popolo. E` canto di lode per tutti i suoi fedeli,
Il servizio al Signore, nell'amore , di Israele, implica la " santificazione del suo Nome " , cioè la testimonianza della sua Santità fino a morire per lui, se necessario. La
Santificazione del Nome
[ Kol Ha Shem ] , avveniva primariamente nella liturgia.
Il q'dushāh è la preghiera
di santificazione divina, usata nella liturgia ebraica.
La più importante
e solenne si recita durante la ripetizione pubblica
della preghiera
delle 18 benedizioni
Necessita del numero di almeno dieci persone (minian) per poter essere
recitata.
In origine era una formula di chiusura di
riunioni di studio o di preghiera nella quale
si esaltava la grandezza di Dio e si esprimeva
la speranza di un rapido avvento del Messia.
In epoca successiva il Kaddish fu recitato anche
dalle persone in lutto.
E’ una preghiera che recitata con amore e venerazione nel corso
dei secoli, ha sempre sottolineato la volontà del
popolo ebraico di mantenere vivo il proprio caratteristico
ed essenziale dialogo
con Dio. Nel Kaddish si recita " Sia il Suo grande Nome
benedetto" .
Nel testo liturgico ebraico Machazor di
rito italiano : Sia magnificato e santificato il suo Nome grande
nel mondo cha ha creato secondo la sua volontà
e faccia venire il suo regno
nella vostra vita e nei vostri giorni e nella vita di tutta la casa di Israele
, presto e in un tempo vicino e dite: Amen.Sia benedetto il suo Nome grande :
sempre e per tutta l’eternità
sia benedetto, celebrato, glorificato, esaltato,
innalzato, onorato, elevato e lodato il Nome Santo,
sia benedetto al di sopra di tutte le benedizioni,
i canti, le lodi e le consolazioni che si dicono nel mondo e dite:
Amen. etc
Sh'mōneh 'esrēh ( «diciotto [benedizioni]») è la
preghiera ebraica di lode, richiesta e ringraziamento a Dio .
Ha assunto la sua forma definitiva sulla fine del 1° sec. d.C. Deve
essere recitata 3 volte al giorno in silenzio e in piedi
(di qui l’altro
nome Amīdāh, «lo stare in piedi»), e viene quindi
ripetuta ad alta voce dall’officiante nella preghiera
pubblica.
Qaddhish [ sia santificato]
Shemoneh eshreh
[ tephillah o preghiera per eccellenza]
Padre Nostro
Sia magnificato e santificato il suo grande nome,
nel mondo che egli ha creato secondo la sua volontà;
III. Di generazione in generazione proclameremo la regalità di Dio, perché egli solo è eccelso e santo... Benedetto tu, Signore, Dio santo.
Sia santificato il tuo nome,
venga il suo regno durante la nostra vita e ai nostri giorni e durante la vita di tutta la casa di Israele, fra breve e nel tempo prossimo" Amen.
XI. Fa' tornare i nostri giudici come in antico... e si stabilisca il tuo solo regno sopra di noi...
venga il tuo regno,
// sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Sia il suo Nome grande benedetto per tutti i secoli dei secoli. Sia lodato, glorificato, esaltato, dichiarato eccelso, splendido, elevato e celebrato il nome del Santo.
Benedetto tu, Signore, Re che ami la carità e la giustizia. VI. Perdonaci, Padre nostro, perché abbiamo peccato, assolvici, o nostro Re perché sei un Dio buono e che perdona. Benedetto ...
cancella i nostri debiti come noi cancelliamo i debiti ai nostri debitori
Egli sia benedetto; Egli è al di sopra di ogni benedizione, canto, lode e parola di consolazione, che si pronuncia nel mondo. Amen
IX . Benedici Signore Dio nostro questa annata e ogni genere di raccolto per nostro beneficio ; dà la rugiada come una benedizione su tutta la superficie della terra e sazia con la tua benedizione il mondo intero... Benedetto tu, Signore, che benedici le annate.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Libretto del Padre Nostro F. Armellini. "..Il Padrenostro non è una preghiera, ma, sotto forma di preghiera, è l'impegno
di vita di quanti hanno scelto le beatitudini! "..Nella liturgia la gioia di Israele si esprime nel canto di lode per ciò che Jahwé ha fatto. Ma non basta santificare il nome del Signore con la lingua e con la liturgia. È necessario che Israele conduca una vita santa, completamente diversa da quella degli altri popoli, per poter testimoniare la santità del suo Dio.
Il popolo d’Israele è come una vetrina sul mondo. Israele è come un inno vivente al nome del Signore. Egli è il servo nel quale Dio manifesta la sua gloria (Is 49,3). Ma può anche profanare il nome del Signore: Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; calpestano come polvere della terra la testa dei povertà... e così hanno profanato il mio santo nome (Am 2,6-7).
La richiesta dei cristiani significa: "Mostra che TU sei Padre, un Dio diverso da tutti gli altri e siccome noi siamo tuoi figli… Che tutti vedano il tuo volto santo in noi ( attraverso le nostre opere di evangelizzazione del mondo n.d.r.)
Anche la chiesa è una vetrina in cui sono esposti i prodotti del vangelo e dello Spirito portato nel mondo a Gesù… Voi siete la luce del mondo. Siete le persone splendide che provano la santità del nome del Dio di Gesù Cristo.
In questa vetrina vediamo la fedeltà coniugale, l’accoglienza del fratello, l’amore al nemico, il perdono incondizionato, sentiamo il profumo del nardo, simbolo dell’amore. Lì incontriamo persone che sanno dirti il senso della vita… La nostra supplica non è per convincere Dio, ma il nostro cuore, rendendolo disponibile ad accogliere la sua Vita//Spirito che opera la salvezza dal fallimento del nostro essere. Mt 5, 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
... trasformando il cuore dell'uomo, la preghiera accelera realmente la santificazione del nome di Dio. .." ... Venga il tuo Regno Il Regno è il centro della predicazione di Gesù . Nel NT la nozione di regno di Dio o dei Cieli ricorre 122 volte (90 sulla bocca di Gesù).
Libretto del Padre Nostro F. Armellini." Israele si attendeva un regno di prosperità e pace e soprattutto l’instaurazione della giustizia. Chiedeva ai suoi governanti che ponessero fine ai soprusi, alle violenze ed alle iniquità perpetrate, soprattutto contro i più deboli.
Le denunce dei profeti testimoniano quanto la realtà fosse lontana dalle aspettative: I capi sono dei banditi e complici di ladri;tutti sono bramosi di regali, ricercano merce, non rendono giustizia all'orfano e la causa della vedova a loro non giunge (Is 1,23).
La tragica esperienza della monarchia portò il popolo a proiettare in Dio stesso l'ideale di un re difensore dei poveri e degli oppressi e nel cui regno si sarebbe amministrata una giustizia perfetta: Padre degli orfani e difensore delle vedove (Sal 68,6; 146,9).
Dio si sarebbe preso cura di tutti gli emarginati rappresentati dalle categorie della vedova, dell'orfano e dello straniero, persone che più di altri erano vittime di soprusi. I profeti cominciarono a parlare della venuta di un re ideale, potente, saggio, giusto, della casa di Davide.
.."
Is 9:6 grande sarà il suo dominio e la pace
non avrà fine
sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare
e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo
del Signore degli eserciti.
" L'attesa diviene particolarmente viva a partire dal II sec. a.C., per opera, soprattutto, degli
apocalittici
. In un periodo di disordini e di crisi sociale e politica, questi autori cercano di cogliere segni di speranza che rivelino come vicina la venuta del regno di Dio.
Il primo di questi scrittori è Daniele che descrive, in un susseguirsi di immagini drammatiche, il crollo di tutti i grandi imperi terreni e l'instaurarsi del regno dei santi dell'Altissimo (Dn 7). Dopo di lui, numerosi altri autori parlano dell'imminenza di un capovolgimento di tutte le situazioni di dolore. Si rendono conto che il mondo antico è ormai alla fine e scorgono un mondo nuovo che sta per fare irruzione. Il passaggio dall'era antica alla nuova, sarà preceduto da un periodo di calamità e di afflizioni.
Poi ci saranno dei segni: il sole e la luna si oscureranno, appariranno spade nel cielo, gli uomini lotteranno gli uni contro gli altri, ci saranno terremoti, fuoco e fame... Questi non saranno segni di morte, ma dolori che, come quelli del parto, preludono alla nascita di una nuova vita.
Un'altra corrente che potremmo definire spiritualista concepisce il regno di Dio non come una realtà terrena, ma come l'annientamento dei malvagi operato dal giudizio di Dio. Gli israeliti del tempo di Gesù pregavano così: Che egli stabilisca il suo regno durante la nostra vita, ai nostri giorni, mentre è viva tutta la casa d'Israele, presto e in un tempo prossimo (Qaddish). Dal tuo luogo, o nostro re, risplendi e regna su di noi, perché noi attendiamo che tu regni in Sion” (3a Benedizione).
Riferendosi alla rivolta che doveva portare nel 70 d.C. alla distruzione di Gerusalemme, ecco cosa ci dicono tre storici riguardo alle attese del regno da parte dei giudei:
...Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un'ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui, in quel tempo, uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, 6,312-314).
La maggior parte dei giudei era convinta che fosse scritto negli antichi testi dei sacerdoti che in quell'epoca l'Oriente avrebbe dimostrato la propria forza e che degli uomini partiti dalla Giudea sarebbero diventati i padroni del mondo” (TACITO, Hist. 5,13).
Si era avvalorata in tutto l'Oriente un'antica e costante credenza che, per disposizione dei Fati, quelli che in quel tempo fossero venuti dalla Giudea otterrebbero la signoria universale (SVETONIO, Vesp., 4,9).
Su questo sottofondo di attese e speranze risuonano le voci del Battista e di Gesù di Nazareth. ..."
A Maggi . Appunti da conferenzeLc 17:21 «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là.
Perché il regno di Dio è in mezzo a voi! ».
" Tutte le speranze che il popolo di Israele ha nutrito per tanti secoli stanno per compiersi in Gesù.
Da un lato egli prende le distanze da chi dà alla sua missione un'interpretazione politico-nazionalistica (Mt 4,8s.). Dall'altro ha cura di evitare che il Regno da lui predicato venga inteso come una realtà puramente interiore.
Il Regno di Dio è -
-
un banchetto dove tutti sono commensali e nessuno è padrone.
-
il regno di chi si fa povero affinchè nesuno sia bisognoso. Chi invece rifiuta la logica della gratuità è fuori dal regno ed entra nel pianto e stridore di denti (Mt 22).
- una vigna dove non si merita lo stipendio (Mt 20,1-16).
-
una realtà che cresce per una sua forza di Vita irresistibile (Mc 4,26,29).
- grano che cresce fra zizzanie (Mt 13,24-30).
- lievito che fa diventare pane saporito chi lo accoglie (Mt 13,33).
- senape che diventa albero che accoglie gli uccelli (Mt 13,32).
- la vera perla e il vero tesoro (Mt 13,44-46).
- una realtà dove coesistono pesci buoni e cattivi (Mt 13,49-50).
Il Regno sarà totale e completo in tutto l'universo e in ogni uomo solo quando Cristo
“consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni potenza nemica... e aver posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte... eDio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15,24-28).
" .... Gesù inizia la sua attività pubblica
e nella sinagoga dice la preghiera del Kaddish giudaico che
termina così : «possa
egli stabilire la giustizia del suo regno nella vostra
vita e lungo i vostri giorni e nella vita di tutta la
casa di Israele, presto e velocemente» ...
La tragica esperienza della monarchia, nata e
morta nel giro di quattro re, portò il popolo a proiettare in Dio stesso
l'ideale di un re difensore dei poveri e degli oppressi e nel cui regno
si sarebbe amministrata una giustizia perfetta. "Padre degli orfani e difensore delle vedove" (Sal
68,6; cf 146,9), Dio si sarebbe preso
cura di tutti gli emarginati (cf Mi 4,6-7), raffigurati dalle categorie
della vedova, dell'orfano, persone che più di altri erano vittime
di soprusi in quanto privati di un uomo che li
potesse soccorrere.
Gesù indica che il regno, già presente
( in mezzo a voi ) con la volontaria scelta da parte dei
suoi discepoli della condizione di povertà per le beatitudini , si estenda, e allarghi i suoi confini a tutta l’umanità.Questo regno deve ancora crescere e diffondersi,
e saranno gli uomini a decidere se appartenervi
o no. I credenti vi appartengono già: "E'
lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13; cf
Ap 1,6).
La
regalità del Padre
che la comunità ha sperimentato, e che chiede si estenda anche
ad altri, non viene esercitata privando l’uomo dei suoi averi e
sottraendogli energie,ma arricchendolo dei beni
ed energie divine che gli comunicano la stessa
vita indistruttibile di Dio. Dio, come re, non governa i suoi imponendo
delle Leggi da osservare, ma comunicando il
suo stesso Spirito che li rende capaci dei suoi
stessi gesti d’amore.
Nel
regno, ambito dove l’amore reciproco è norma
di comportamento, la paternità di Dio viene sperimentata nei quotidiani
gesti di perdono e nella generosa condivisione,
che rendono visibile la “santificazione” del Padre.
Il Padre non domina i suoi ma si mette al loro
servizio. L'estensione del regno di Dio ha un orizzonte
universale che supera ed abbatte ogni tipo di confine
o barriera innalzati dagli uomini.
Questo regno non è più limitato a un popolo o a una nazione
(il "regno di Israele" che i discepoli speravano ancora fosse
ristabilito da Gesù risuscitato, At 1,6) ma, svincolato da ogni
elemento nazionalista, è aperto a tutti coloro che vorranno far
parte del regno del Padre (Lc 12,32).
In questo regno non si entra per i meriti degli
uomini ma per la misericordia del Padre. Il bandito
crocifisso con Gesù non
ha alcun merito per accedere al regno (“Ricordati
di me quando entrerai nel tuo regno”). Gesù non solo
lo accoglie, ma gli concede la sua stessa dignità: “In
verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,4243).
Questo regno non diventa realtà storica unicamente per un intervento
divino calato dall'alto, come l'attendevano i farisei che chiedono a
Gesù: “quando verrà il regno
di Dio?” (Lc 17,20), o gli stessi discepoli che “credevano
che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro” (Lc
19,11), ma esige ed è condizionato dall'impegno dei credenti
di entrare volontariamente nella condizione dei poveri. Il regno di Dio è dei
poveri: “Beati voi, che siete poveri, perché vostro è il
regno di Dio” (Lc 6,20).
La realtà del regno dipende dalla risposta di quanti
hanno accolto l'invito di Gesù (“lasciato
tutto lo seguirono” Lc 5,11) e entrano volontariamente nella
condizione di “poveri”.
Su costoro il Padre può esercitare
la "regalità" e "paternità" che sono
così strettamente legate da poter divenire l'una sinonimo dell'altra:
Dio esercita la sua regalità manifestandosi Padre, e la sua paternità si
manifesta prendendosi cura, come il re ideale, di tutti i poveri e dei
più deboli della società.
Per questo Gesù avverte i suoi discepoli che “chi
non accoglie il regno di Dio come un
bambino, non vi entrerà” (18,17).
Il bambino nella cultura ebraica era
colui che si trovava all'ultimo posto
della scala sociale, ed era ritenuto senza alcun valore. Solo chi accetta
di mettersi con gli ultimi ha l'accesso al regno, agli altri, i “primi”, è negato: “Quanto è difficile,
per quelli che possiedono ricchezze,
entrare nel regno di Dio. E' più facile
per un cammello passare per la cruna
di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!” (Lc 18,24-25).
La petizione del Pater non è una richiesta
per l'avvento del regno,
ma è la preghiera di quelli che ne fanno parte affinché questo
regno si estenda.
Coscienti che gli effetti del regno si manifestano
unicamente su quelli che si situano nel
raggio d'azione del Padre, i poveri per amore chiedono
nella petizione del Pater che
il regno di Dio, del quale hanno già esperienza, si allarghi
e raggiunga ogni uomo. "Libretto del Padre Nostro F. Armellini. "..
Gli apocalittici del
tempo di Gesù attendevano
il Regno, ma lo facevano
in modo completamente
passivo, convinti
di non poterci proprio
far nulla. Pregavano
perché Dio capovolgesse
miracolosamente la
loro condizione, distruggesse
i malvagi e facesse
prosperare i giusti.
Il cristiano non prega così, non invoca il Padre affinché instauri il Regno a colpi di miracoli tutti i problemi, mentre egli rimane nell'inerzia. Prega perché il dialogo con il Padre lo introduce nella visione che egli ha del mondo, dell'uomo e della storia.
È la preghiera che crea la disposizione interiore per accogliere il dono di Dio. Se non si prega non ci si sintonizza sulle beatitudini del monte, non si comprende che solo diventando poveri in Spirito si è accolti nel Regno dei Cieli.
Inoltre, colui che prega perché venga il Regno, ricorda continuamente a se stesso che il Regno non è ancora venuto definitivamente né nel mondo né in lui. La preghiera gli fa dunque superare la tentazione del fanatismo, cui va soggetto chiunque identifichi se stesso con il Regno. Il Padre nostro è una preghiera impegnativa. La possono recitare tutti, ma esige disposizioni che non sono di tutti. La chiesa non è il Regno di Dio ma è a servizio di questo Regno e il suo servizio finirà quando il Regno di Dio avrà raggiunto la sua pienezza. .." ... sia fatta la tua volontà
Libretto del Padre Nostro F.
Armellini.
" Qualcuno ha quasi paura a pregare il Padre nostro proprio
per questa richiesta. Teme che il Signore lo prenda in parola
e invii qualche prova dolorosa. Ma questa è una domanda gioiosa o una espressione di chi si è rassegnato e spera che Dio non gli chieda troppi dolori e sacrifici?
Dietro questa
concezione
c’è un’immagine
di Dio onnipotente
che potrebbe
evitarci
ogni dolore,
ma con decisioni
arbitrarie
mette alla
prova la
nostra fede
in Lui e
a noi non
resta che
chinare il
capo.
Una frase
di Gesù sembrerebbe
favorire
questa interpretazione.
Nel Getsemani
prega: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà” (Mt
26,42). Il
suo desiderio
– come quello
di ogni uomo
– è vivere,
mentre la
volontà del
Padre contrasta
con questa
sua pulsione
naturale.
E allora
china il
capo… Ma
è questo
il significato?
A conferma
si cita anche
il detto
di Gesù: Non si vendono forse due passeri per un asse? Ebbene, uno solo di essi non cadrà senza il volere del Padre vostro (Mt
10,29). Da
questa frase
è nato il
detto: Non cade foglia che Dio non voglia.
Ma il testo
non dice
senza che
il Padre
lo voglia,
ma dice all’insaputa
(àneu) del
padre vostro.
Nulla cioè
sfugge al
suo progetto
di amore.
Gesù dichiara
che nessuna
forza riuscirà
mai a provocare
il fallimento
del progetto
del Padre.
Va comunque
chiarito cosa
si intende per
volontà di Dio
su cui insistono
i testi evangelici: Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma solo colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli (Mt
7,21). Un uomo aveva due figli. Andò dal primo e disse: Figlio mio, va' e lavora oggi nella vigna! Rispose: Sì, signore! ma non andò. Allora si rivolse al secondo figlio e gli disse lo stesso. Quegli rispose: Non ne ho voglia. Più tardi, tuttavia, si pentì e vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del loro padre? (Mt
21,28-31).
Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli: chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questo è per me fratello, sorella e madre (Mt
12,49-50). L'interpretazione
più immediata
sembra orientare
verso un'osservanza
di tipo morale.
Cioè: fa o Padre che tutti gli uomini osservino i tuoi comandamenti.
In cielo questo
avviene già,
come ci dice
molto bene il
Salmo 103 che
descrive gli
angeli pronti
a scattare ad
ogni cenno del
loro Sovrano: Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola... suoi ministri, che fate il suo volere (v.
21)
Ma che significa
obbedire a Dio?
Paolo dice: Gesù si fece tapino, divenendo obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil
2,8). In genere
il testo è interpretato
in senso moralistico.
Ma non è così! Gesù è obbediente non a comandi esterni, ma alla sua identità di Figlio di Dio.
Quando Paolo dice: Gesù fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce, dice che Gesù è stato Figlio in pienezza, in modo integrale , fino alla morte.
Non poteva far altro che essere fedele alla propria identità di perfetta immagine//somiglianza del Padre.
E la manifestazione massima di questo amore incondizionato e totale non poteva che essere il dono della Vita .
L’obbedienza fondamentale a cui siamo chiamati, è obbedienza alla pienezza dell’immagine di Dio che è in noi.
Noi siamo stati creati con l’immagine indelebile di Dio dentro di noi. In noi è posto il germe della vita dell’Eterno.
La volontà di Dio non è un comando che viene da fuori, viene dal cuore, è la mia identità di figlio.
Il seme cresce e diviene spiga di grano non perché obbedisce a qualche ordine esterno, viene dalla sua natura di chicco. Così il fiore cresce ed emana profumo non per un ordine esteriore.
L’obbedienze al Padre è lasciare che questa immagine di Dio si sviluppi e giunga a maturazione per assomigliare sempre di più all’Unigenito.
Senza questa obbedienza, il germe divino potrebbe rimanere sempre in embrione.
La volontà di Dio è che noi siamo noi stessi. Non c’è da temere che Lui abbia in programma qualcosa che possa farci del male o farci soffrire. La costante e perfetta sintonia della volontà umana di Gesù a ciò che gli richiedeva la sua identità di Figlio Unigenito del Padre lo ha fatto crescere durante tutta la vita in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).
Quindi non "ci si rassegna a fare la volontà di Dio", ma si risponde al desiderio profondo della nostra identità.
In questa volontà è la nostra vita e la nostra gioia "Sia fatta". Il verbo greco gignomai non significa fare, ma divenga realtà, si realizzi. Come quando un progetto sulla carta diviene una costruzione...
È un disegno che deve farsi realtà. ."
Gv 6,38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà,
ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Gv 6,39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato:
che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato,
ma che lo risusciti nell'ultimo giorno .
Gv 6,40 Questa infatti è la volontà del Padre mio:
che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna;
e io lo risusciterò nell'ultimo giorno ».
Gv4,34 Gesù disse loro: «Mio cibo è fare
la volontà di colui che mi ha mandato
e //
compiere la sua opera
».
La volontà di Dio // l'
opera divina
è la creazione e il suo
compimento è l' UOMO SPIRITUALE DEFINITIVO, CELESTE..
Mt 7,21 Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Mt 12,50 Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
egli è per me fratello, sorella e madre».
Posizionarsi nella volontà
di Dio è
immergersi nel compimento dell'Uomo come Uomo
definitivo nella
comunità della carità per le beatitudini. Libretto del Padre NostroF.
Armellini.
".. La preghiera non cambia Dio,
ma colui che prega. Quando auspichiamo che “la volontà del Padre si compia” noi
ci collochiamo nella disposizione giusta per
accogliere il suo dono. Non solo, ma la preghiera
risveglia costantemente in noi la coscienza
di appartenere alla famiglia dei figli dell’unico
Padre e all’impegno perché in tutti si compia
questa volontà del padre..."
Così come è realizzata in
Cielo la Sua volontà di compiere la creazione
nella perfezione definitiva di Gesù
risorto , l'Uomo definitivo, così
sia fatta in terra nella comunione di Spirito
con Lui e con Gesù , nella comunità della
carità per le beatitudini. Gv
5,30 Da me, io non posso fare nulla. Giudico
secondo quello che ascolto e il mio giudizio
è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma
la volontà di colui che mi ha mandato. “così in cielo come in terra” .... A Maggi . Appunti da conferenze".. Gesù aveva inviato i suoi dodici discepoli
ad annunziare il regno di Dio (Lc 9,1)
In realtà la missione
dei dodici non ha avuto l’effetto sperato a
causa del nazionalismo dei discepoli, tenacemente attaccati
all’idea del
regno di Israele e della sua supremazia sugli altri popoli. I dèmoni che possedevano ebrei e pagani sono le ideologie religiose , le filosofie e le credenze popolari che impediscono di comprendere ed accogliere Gesù, Colui-che-salva.Chiamati a seguire colui che è venuto per servire,
i discepoli continuano a nutrire sentimenti di
ambizione e di grandezza che li rende refrattari all’annuncio di
Gesù (Lc 22,24-27).
Nel libro degli Atti l’autore scrive che Gesù risuscitato
si mostrò ai
dodici per ben “quaranta giorni apparendo loro e parlando del regno
di Dio”. Ma costoro alla fine gli domandarono: “Signore, è questo
il tempo in cui ristabilirai il regno per Israele?” (At 1,3.6).
Questo tenace attaccamento alla tradizione nazionalista
fa sì che nonostante
Gesù abbia dato loro “forza e potere su tutti i demòni” (Lc
9,1), essi sono incapaci di liberare i posseduti: [ dallo spirito nazionalista ]“Ho
pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non
ci sono riusciti” (Lc
9,41).
Non solo i discepoli non riescono a cacciare
i demoni, ma intendono impedirlo anche a quanti vi riescono: “Abbiamo
visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo
impedito perché non ti segue insieme a noi” (Lc 9,50).
Animati essi stessi dal demònio della supremazia e della violenza non possono liberare quanti ne sono posseduti (“sorse
una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande, Lc
9,46).
Visto l’insuccesso dei dodici discepoli, Gesù ne
invia “altri settantadue. Mentre dodici è il numero che
raffigura il popolo di Israele composto dalle
dodici tribù (Lc
6,13), ed è rappresentato dai discepoli di Gesù (Lc 6,13),
i settantadue, che mai vengono definiti discepoli,
richiamano il numero dei popoli pagani secondo
l’elenco di Genesi
10 -LXX.
Il numero svincola i settantadue da
Israele, e indica un’apertura
universale. La missione ottiene i frutti sperati
e “i
settantadue tornarono pieni di gioia dicendo:
Signore, anche i demòni
si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc 10,17). E’ a
questo proposito che Gesù esclama: “Vedevo
il satana cadere dal cielo come una folgore”.
Mentre i dodici discepoli, animati da sentimenti
di supremazia e di vendetta sugli altri popoli, avevano
chiesto a Gesù di distruggere
tutti gli abitanti del villaggio samaritano che non li aveva ricevuti
(“Signore, vuoi che diciamo che scenda un
fuoco dal cielo e li consumi?” Lc 9,54), l’effetto
della predicazione dei settantadue è la caduta dal cielo non di
un fuoco che distrugga gli uomini, ma del satana
distruttore degli uomini.
L’affermazione di Gesù si rifà a quelle che secondo
il Talmud erano le funzioni del satana. La residenza abituale del satana
si credeva fosse il cielo, da dove faceva la spola continuamente verso
la terra per spiare il comportamento degli uomini e poi poterli accusare
di fronte a Dio ((κατήγωρ- l'imputatore-accusatore ) .
Il ruolo del satana consisteva nel sedurre gli uomini,
accusarli dinanzi a Dio e infliggere così la pena di morte.
Da quando Gesù ha annunciato che l’amore
del Padre non viene condizionato dal comportamento degli uomini, e che
il suo amore continua a effondersi su tutti quanti, il ruolo di accusatore esercitato dal satana diventa inutile.
Il Padre non ascolta le accuse e tantomeno
punisce perché “egli è benevolo
verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35). Per questo Gesù esulta,
perché come scriverà l’autore dell’Apocalisse “Ora
si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato
l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro
Dio (κατήγωρ) giorno e notte" (Ap 12,9-10).
L’esultanza di Gesù viene così descritta dall’evangelista:
“In quella stessa ora Gesù esultò di
gioia nello Spirito santo e disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del
cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti
e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Sì, Padre, perché così hai
voluto nella tua bontà” (Lc 10,21).
L’avvenimento è importante perché è l’unica
volta, in tutto il vangelo, in cui si parla della gioia di Gesù.
Questa si deve al fatto che finalmente c’è un gruppo di
discepoli che è stato capace di liberare la gente dalle false
ideologie che la imprigionano.
Alla pienezza di gioia dei settantadue, corrisponde
l’esultanza di gioia da parte di Gesù, nello Spirito santo,
che rivolge la sua lode al Padre “Signore del cielo e della terra”. Una volta cacciato l’intruso dal cielo (il satana-κατήγωρ ) , finalmente il
Padre può essere proclamato Signore del cieloe della terra e la sua signoria
proclamata “così in cielo come in terra” (Mt 6,10). "
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